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L’effetto rebound, noto anche come effetto di rimbalzo è un termine usato in medicina e, in particolare, in psichiatria. Scopriamo di cosa si tratta.
Si parla di effetto rebound (o fenomeno di rimbalzo) quando a seguito dell’interruzione di un farmaco ci si trova davanti ad un peggioramento della malattia. Si tratta di un problema più comune di quanto si pensi e che può avere effetti di varia entità e che spesso sono legati al tipo di trattamento, alla dose assunta e al tempo di assunzione nel tempo.
Più comunemente usato in psichiatria, questo termine ha quindi il significato di un peggioramento causato dall’interruzione improvvisa o dalla diminuzione rapida di un farmaco.
Perché avviene l’effetto rebound
L’effetto rebound si presenta quando un farmaco (solitamente di tipo psichiatrico) viene interrotto all’improvviso. Quando ciò avviene l’organismo può infatti andare incontro a quelle che vengono comunemente chiamate crisi di astinenza.
Un problema che si presenta perché il cervello, abituato ad una sorta di equilibrio, fa fatica a tornare a quello precedente all’assunzione dei farmaci portando così ad uno scompenso che si traduce con il peggioramento dei sintomi. Peggioramento che coinvolge sia il fisico che la mente.
Si tratta quindi di una condizione davvero spiacevole e che, seppur temporanea, necessita dell’appoggio di uno psicoterapeuta, di una riduzione delle dosi il più possibile calibrata al caso e di un adeguato supporto medico che sia in grado di illustrare tutti i possibili disagi e offrire sostegno durante la loro comparsa. In caso contrario, infatti, è possibile che il paziente si trovi spaesato e convinto di star peggiorando, sentendo così sempre più il bisogno di tornare all’assunzione del farmaco.
Quali sono i sintomi dell’effetto rebound
In caso di effetto rebound, i sintomi variano da persona a persona sia per tipologia che per entità.
Nella maggior parte dei casi dipendono infatti dal tipo di farmaco scalato o interrotto e dalla quantità che se ne assumeva.
In linea generale si può dire che questa forma di astinenza (detta anche craving) abbia dei sintomi più comuni di altri e che si possono riassumere in:
– Ansia
– Insonnia
– Attacchi di panico
– Tic nervosi
– Depressione
– Logorrea
– Emicrania
– Irritabilità
– Acufeni
– Sensibilità a suoni, luce, etc…
– Vertigini
– Difficoltà nel concentrarsi
– Sonnolenza
– Tremori
– Spasmi muscolari
– Annebbiamento cognitivo
Questi sintomi, nella maggior parte dei casi si presentano dalle 36 alle 90 ore successive all’interruzione e possono aumentare per un po’ prima di iniziare a svanire. Per fortuna, nella maggior parte dei casi tendono a svanire entro una settimana. In caso di assunzione prolungata di psicofarmaci, però, può volerci addirittura un mese prima di tornare ad un equilibrio vero e proprio e del tutto privo degli effetti sopra elencati.
Per questo motivo, quella di cambiare posologia, ridurre o interrompere determinati farmaci è un’azione da svolgere sempre e solo sotto l’assistenza del medico. Questi, infatti, in determinati casi può proporre una terapia di sostegno e l’assunzione di alcuni farmaci in grado di lenire alcuni dei sintomi. Anche in questo caso si tratta di somministrazioni strettamente personali e legate al caso del soggetto e al tipo di cura a cui è stato sottoposto nel tempo.
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ultimo aggiornamento: 07-03-2023