FONTE FOTO: https://pixabay.com/it/donna-triste-depressione-2609115/
Sommario articolo
È la paura di soffrire dopo un picco di felicità, l’ansia di sperimentare la gioia per poi cadere nella disperazione: è la cherofobia, un disturbo molto raro che porta chi ne soffre a scappare da ogni fonte di spensieratezza. Scopriamo insieme di che cosa si tratta.
La parola cherofobia deriva dal greco chero, che vuol dire rallegrarsi, e fobìa, che significa invece paura. Questo termine, poco usato nel linguaggio comune, è una sorta di disturbo legato all’ansia che porta la felicità. Chi ne soffre non è per forza una persona triste, depressa o negativa, ma semplicemente attenta a tenersi alla larga da situazioni che potrebbero portare felicità.
Un cherofobico, dunque, eviterà situazioni sociali di un certo tipo, come feste o momenti importanti di cambiamento personale, e questo per la paura che il picco ascendente verso la serenità possa trasformarsi in un secondo momento in una discesa verso una situazione peggiorativa. Inoltre, spesso chi soffre di questo disturbo non è per niente interessato a guarire, e anzi vede nel suo isolarsi una sorta di protezione dal mondo esterno.
Per quanto riguarda i sintomi, questi si verificano dunque sono nel caso in cui il cherofobico si trovi in una condizione di disagio, che può causare ansia, stress o depressione.
Difficile stilare una lista di cause possibili relative alla cherofobia. Interessante, tuttavia, è l’opinione della psichiatra Carrie Barron, che sostiene esista un legame fra questa patologia e un trauma infantile, probabilmente legato a uno stato di felicità immediatamente seguito da una punizione.
Questo evento potrebbe portare dunque il bambino a collegare i due sentimenti, e la cosa potrebbe manifestarsi inconsciamente durante l’età adulta.
In ogni caso, a oggi la cherofobia non è riconosciuta come disturbo dal Dsm-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il manuale per diagnosticare le patologie che riguardano la salute mentale. Si tratta infatti di una condizione ancora troppo poco studiata, e per la quale non esistono farmaci o trattamenti per migliorare la propria condizione.
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