
Con l’aumento dei prezzi, fare la spesa è diventato un compito sempre più gravoso per molti. Un recente studio pubblicato sulla rivista The Lancet ha rivelato che, nel tentativo di risparmiare, i consumatori tendono a scegliere alimenti a basso costo che possono compromettere la loro salute. Questa tendenza è emersa in un contesto di inflazione crescente, che ha avuto un impatto significativo sulle abitudini alimentari delle famiglie.
Le conseguenze dell’inflazione sui consumatori
Nel 2025, l’inflazione ha raggiunto livelli preoccupanti, influenzando la vita quotidiana delle persone. Secondo i dati, il tasso medio di aumento dei prezzi al consumo è stato del 5,7%, con picchi che hanno toccato il 9,8% a gennaio. Questo scenario ha spinto molte famiglie a rivedere le proprie spese alimentari, optando per prodotti più economici e spesso meno salutari. Lo studio di The Lancet ha esaminato oltre 69 ricerche empiriche, mettendo in evidenza come l’aumento dei prezzi sia correlato a fattori di rischio per la salute mentale e fisica, come stress, mortalità e comportamenti a rischio.
Le famiglie con redditi più bassi sono state le più colpite da queste dinamiche. L’aumento dei costi ha portato a una riduzione del consumo di alimenti freschi e nutrienti, con un conseguente ricorso a opzioni più economiche ma meno salutari. I consumatori si trovano spesso a dover scegliere tra prodotti costosi e quelli a basso costo, il che può comportare una diminuzione dell’assunzione di frutta, verdura e alimenti ricchi di grassi buoni. La ricerca suggerisce che tali scelte alimentari possono avere un impatto negativo sulla salute, contribuendo a un aumento delle malattie croniche.
Il carrello della spesa e le scelte alimentari
L’inflazione ha modificato profondamente il modo in cui le persone si approcciano alla spesa. Molti consumatori, di fronte a prezzi elevati, tendono a sostituire alimenti freschi con alternative più economiche e spesso ultra-processate. Questo cambiamento ha portato a una diminuzione della qualità nutrizionale della dieta quotidiana. Secondo l’Istat, alcuni beni di largo consumo, come l’olio extravergine di oliva e le uova, hanno visto aumenti significativi, rispettivamente del 50% e del 37%.
Le famiglie, nel tentativo di risparmiare, si orientano verso prodotti confezionati e preparati, come succhi industriali, marmellate zuccherate e zuppe pronte, trascurando il consumo di frutta e verdura fresca. Questa tendenza è preoccupante, poiché molti di questi alimenti sostitutivi sono carenti di nutrienti essenziali. Lo studio di The Lancet evidenzia che l’alimentazione povera di nutrienti può portare a un incremento dei rischi di malattie croniche, come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari.
L’analisi dei dati suggerisce che la scelta di alimenti più economici, spesso associata a una riduzione della varietà e della qualità nutrizionale, sta avendo conseguenze dirette sulla salute pubblica. È fondamentale che i consumatori siano consapevoli di queste dinamiche e cerchino di mantenere un’alimentazione equilibrata, anche in un contesto di crescente inflazione.