Sommario articolo
A tu per tu con Corrado Cesare Campisi, Chirurgo Plastico tra i massimi esperti mondiali in materia
È una malattia tutt’altro che rara, ma di cui ancora poco si parla. “Il linfedema è un problema di salute molto sottostimato: l’informazione è scarsa e spesso incompleta, le cure proposte frequentemente limitate, i pazienti affetti sempre più scoraggiati. Colpisce spesso le donne e vi è un buon numero di pazienti anche tra gli uomini. Va ribadito, altresì, che è una patologia diffusa, a volte congenita o primaria, frequentemente conseguenza della chirurgia oncologica (secondaria). Tuttavia, il linfedema oggi è ancora poco conosciuto e correttamente trattato”. A rivelarlo a ‘Notiziebenessere.it’ è Corrado Cesare Campisi, Chirurgo di fama internazionale, Specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, Membro del Comitato Esecutivo della Società Internazionale di Linfologia (International Society of Lymphology – ISL). Il Team genovese è considerato, in merito, un’eccellenza all’avanguardia in Italia e riceve molti pazienti anche dall’Estero, configurandosi sempre più come il polo d’eccellenza nel trattamento della patologia linfatica.
Dottor Campisi, come si manifesta il linfedema?
“Un gonfiore localizzato ad un arto superiore o inferiore che può insorgere all’improvviso – racconta lo specialista – e poi, eventualmente, scomparire dopo il riposo notturno. Con il trascorrere del tempo, la parte edematosa si indurisce, si infiamma, provocando fastidio, dolore e impotenza funzionale. In particolare, la malattia risulta ingravescente, invalidante e potenzialmente irreversibile, se non correttamente inquadrata”.
Come si imposta una corretta diagnosi?
“Il segreto di un corretto inquadramento e, quindi, di un adeguato trattamento integrato – rileva il Dott. Campisi – deriva dall’esperienza acquisita negli anni: ancora oggi, nel 2018, non è infrequente rilevare che il linfedema non venga identificato a fronte di un crescente legittimo desiderio di salute del paziente affetto. Talvolta, invece, alcuni Centri italiani, che trattano la patologia dall’esclusivo punto di vista riabilitativo, consigliano al paziente di ricorrere ad elasto-compressione o a trattamenti fisici come il linfodrenaggio: metodi atti a fornire sollievo, certamente, ma solo temporaneo, essendo rimedi sintomatologici. E’ fondamentale, dopo opportuna definizione diagnostica, poter proporre al paziente un percorso rivolto alla risoluzione della causa di questa malattia invalidante: qui la chirurgia trova grande spazio”.
È possibile, quindi, che il linfedema insorga in conseguenza di un tumore?
“Nei Paesi occidentali, sappiamo che il tumore è una tra le maggiori cause di morte e che esso necessita, ovviamente, di un adeguato trattamento. Spesso durante tali terapie oncologiche possono essere necessarie delle asportazioni linfonodali, ad esempio, ascellari, inguinali, sovra-inguinali o pelviche. Sono proprio gli esiti di questi trattamenti, compreso l’impiego, ove necessario di radioterapia, a condurre, potenzialmente, all’insorgenza di un linfedema secondario”.
Come si imposta un idoneo piano terapeutico specifico?
“Il miglior risultato clinico si ottiene bilanciando terapia fisica decongestionante e chirurgia, proponendo al paziente un protocollo di trattamento sequenziale dedicato. A Genova, la nostra équipe ha elaborato una tecnica mini-invasiva dedicata specificamente alla ricostruzione microchirurgica del circolo linfatico sia superficiale che profondo (Microchirurgia Linfatico-Venosa Multipla – MLVA). Così facendo, è possibile al contempo conseguire e garantire al paziente un esito efficace e duraturo, stabile anche nel lungo periodo“.
Nel mondo il Centro di Genova è considerato un punto di riferimento indiscusso in materia di linfedema. Dal 1973 il Team genovese, guidato dal Professor Corradino Campisi (Professore Ordinario di Chirurgia Generale presso l’Ospedale Policlinico San Martino di Genova), costituisce il Centro di riferimento nazionale in materia di linfedema, con numerose pubblicazioni scientifiche a riguardo, riconosciuto e stimato anche a livello internazionale: www.chirurgiadeilinfatici.it è il sito di riferimento in Italia per chi desidera ricevere informazioni corrette e aggiornate sulla cura alla patologia.
A Genova, affluiscono copiosamente pazienti da tutto il mondo. Un Centro multidisciplinare integrato all’avanguardia, che tratta ogni anno più di 500 pazienti provenienti ad esempio da Serbia, Norvegia, Australia, Stati Uniti, Canada, Israele, Polonia, Cina, America Latina e Nuova Zelanda.
Si devono all’équipe Campisi gli studi più moderni e seguiti al mondo nella cura del linfedema. Presso il Centro Genovese è disponibile un particolare e innovativo tipo di tecnica microchirurgica unica al mondo – e, proprio per questo, presa a riferimento – che permette, con un’unica piccola incisione in sede inguinale (per il linfedema dell’arto inferiore) o in sede brachiale (per il linfedema dell’arto superiore), di gestire con estrema duttilità sia il sistema linfatico superficiale che quello profondo.
In che cosa consistono i vantaggi per i pazienti così trattati?
“Negli stadi precoci della malattia – sottolinea il Dott. Campisi – grazie alla microchirurgia ricostruttiva, si ha una riduzione media dell’eccesso di volume pre-operatorio superiore al 90%, con una ripresa rapida da parte del paziente delle normali attività quotidiane. Questi ottimi risultati consentono di ridurre progressivamente – e poi sospendere – la necessità di terapie medico-fisico e riabilitative, compreso l’impiego del tutore elasto-compressivo”.
Dottor Campisi, è possibile, oggi, guarire dal linfedema?
“Se diagnosticato in tempo, assolutamente sì! E vi sono degli ottimi risultati anche nei casi avanzati grazie all’utilizzo di tecniche chirurgiche complementari dopo la microchirurgia. A prescindere dalla gravità del proprio linfedema, il consiglio perennemente valido è quello di programmare sempre un incontro con un chirurgo esperto e qualificato in questo settore. Nelle fasi precoci, infatti, il tempismo diagnostico può addirittura portare alla guarigione. Fondamentale che i pazienti in stadio avanzato non si sentano persi e senza speranza: si può sempre ottenere un buon risultato, e le percentuali di miglioramento sono altissime, anche se il percorso sarà magari più lungo”.
Riproduzione riservata © 2024 - NB
ultimo aggiornamento: 27-06-2018