
Un recente studio ha esaminato la relazione tra la circonferenza vita, le abitudini alimentari e le funzioni cognitive nelle persone anziane. I risultati, pubblicati nel marzo 2025, confermano come una dieta sana e un corpo privo di grasso addominale possano contribuire a una migliore salute del cervello in età avanzata.
Il team di ricerca
Il team di ricerca, composto da esperti dell’Università di Oxford, dell’University College di Londra e di istituzioni in Germania, Francia e Paesi Bassi, ha condotto lo studio utilizzando i dati provenienti dal progetto Whitehall II, una coorte longitudinale che include dipendenti pubblici britannici. La qualità della dieta è stata valutata attraverso l’Alternative Healthy Eating Index–2010 (AHEI-2010), un sistema di punteggio che misura l’assunzione alimentare complessiva. La circonferenza vita è stata monitorata cinque volte nel corso di ventuno anni, in quanto le misure relative all’addome sono considerate più accurate per valutare l’obesità legata a malattie rispetto ad altri indici. La connettività cerebrale è stata analizzata tramite l’imaging con risonanza magnetica funzionale, mentre le funzioni cognitive sono state testate attraverso prove di memoria di lavoro, funzione esecutiva e fluidità.
I risultati dello studio
I risultati hanno rivelato che una dieta sana durante la mezza età e oltre è associata a una migliore memoria di lavoro, a una funzione esecutiva più efficiente e a prestazioni cognitive generali superiori. Questi miglioramenti sono stati parzialmente attribuiti a una maggiore integrità della sostanza bianca del cervello. Al contrario, un rapporto vita-fianchi più elevato è stato correlato a una diminuzione dell’integrità della sostanza bianca e a prestazioni cognitive inferiori. Gli autori dello studio suggeriscono che interventi mirati a migliorare la dieta e gestire l’obesità, in particolare quella viscerale, potrebbero essere più efficaci tra i 48 e i 70 anni.
Limitazioni della ricerca
Tuttavia, la ricerca presenta alcune limitazioni, tra cui la bassa percentuale di donne nel campione, che rappresentano solo il 20% dei partecipanti, e la difficoltà nel determinare il ruolo preciso dell’alcol sull’integrità della sostanza bianca, dato che nessuno dei partecipanti soddisfaceva i criteri per la dipendenza da alcol.
Relazione con la malattia di Alzheimer
Un aspetto interessante emerso dallo studio è la relazione tra stili di vita e il rischio di deterioramento cognitivo, in particolare in relazione alla malattia di Alzheimer. Ricerche recenti hanno messo in evidenza come una dieta ricca di alimenti malsani e trasformati possa aumentare il rischio di sviluppare demenze in età avanzata. L’obesità sembra influenzare meccanismi neurodegenerativi simili a quelli associati all’Alzheimer, come l’accumulo della proteina beta-amiloide.
Interventi per migliorare gli stili di vita
Interventi volti a migliorare gli stili di vita si sono dimostrati benefici anche per coloro che già presentano segni di deterioramento cognitivo. È stato riportato che circa il 20% dei pazienti con lieve declino cognitivo riesce a riacquistare abilità perdute semplicemente modificando le proprie abitudini alimentari. Tra le azioni utili per prevenire i 14 fattori di rischio identificati dalla Commissione Lancet riguardo alla demenza, l’adozione di una dieta mediterranea si è rivelata particolarmente efficace. Questo approccio non solo supporta la salute cerebrale, ma è anche benefico per il cuore, la prostata, il seno e l’intestino.