
Alzheimer, questi otto segnali prevedono la comparsa della malattia fino all'80% - Notiziebenessere.it
Una scoperta importantissima nel campo della ricerca: questi otto segnali prevedono la comparsa dell’Alzheimer fino all’80%.
Quando si parla di Alzheimer e di malattie neurodegenerative, è inevitabile confrontarsi con l’idea di un futuro incerto, non solo per chi ne è colpito, ma anche per i familiari e i caregiver.
La scienza ha compiuto significativi progressi nel tentativo di comprendere e affrontare queste patologie, e recenti ricerche hanno portato alla luce informazioni preziose sui segnali precoci che possono indicare il rischio di sviluppare demenza.
Alzheimer, gli otto segnali che prevedono la comparsa fino all’80%
Un progetto rivoluzionario, denominato Interceptor e patrocinato dal Ministero della Salute e dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), ha analizzato una combinazione di otto biomarcatori per identificare le persone a maggiore rischio di sviluppare Alzheimer tra coloro che presentano un disturbo cognitivo lieve. Questa fase è cruciale, poiché è proprio da qui che può avvenire una progressione verso una demenza conclamata. I risultati preliminari del progetto sono stati recentemente presentati all’Istituto Superiore di Sanità e offrono nuove speranze nella lotta contro questa malattia, che attualmente colpisce oltre un milione di persone in Italia.
La dimensione del problema è allarmante: oltre 900.000 individui sono affetti da deterioramento cognitivo lieve, una condizione che può evolvere verso la demenza. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, sottolinea che oltre 4 milioni di familiari si dedicano all’assistenza di questi pazienti, il che significa che circa sei milioni di persone in Italia vivono quotidianamente con le conseguenze di queste malattie. Questo scenario non solo mette a dura prova il sistema sanitario, ma richiede anche un approccio più mirato e preventivo.
Negli ultimi anni, la ricerca è avanzata a passi da gigante. Nuovi farmaci sono stati introdotti sul mercato, e di recente l’Agenzia europea del farmaco ha approvato il primo di questi prodotti innovativi. Tuttavia, la vera sfida risiede nella tempistica di somministrazione delle terapie: per garantire la massima efficacia, i farmaci devono essere somministrati prima che la demenza si manifesti. Non tutte le persone che presentano un disturbo cognitivo lieve progrediscono verso la demenza, e ciò rende fondamentale la capacità di identificare chi è realmente a rischio.
Lo studio Interceptor, coordinato da Paolo Maria Rossini, ex direttore dell’Unità Operativa di Neurologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, ha seguito 351 partecipanti con declino cognitivo lieve dal 2018, sottoponendoli a una serie di esami per rilevare marcatori biologici associati alla malattia. Al termine dello studio, gli scienziati hanno identificato otto biomarcatori la cui combinazione ha dimostrato di poter prevedere correttamente l’evoluzione del disturbo cognitivo lieve nell’81,6% dei casi.

Questa scoperta rappresenta un passo fondamentale verso un approccio più personalizzato nella cura dell’Alzheimer. Robert Nisticò, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, ha dichiarato che il progetto Interceptor consente di utilizzare terapie costose in modo più mirato, evitando di gravare sul sistema sanitario con trattamenti inappropriati per coloro che non necessitano di tali interventi. Ma quali sono questi otto segnali precoci? Sebbene i dettagli specifici riguardanti i biomarcatori non siano stati divulgati, si ipotizza che essi possano includere indicatori biologici rilevabili attraverso test del sangue o tecniche di imaging cerebrale. Tali segnali potrebbero essere collegati a:
- Cambiamenti nella composizione proteica del cervello
- Infiammazione
- Alterazioni metaboliche
La capacità di identificare il rischio di Alzheimer in persone con disturbi cognitivi lievi non solo offre la possibilità di trattamenti tempestivi, ma anche di una maggiore preparazione e supporto per le famiglie coinvolte. È cruciale che la società inizi a considerare l’Alzheimer non solo come una malattia individuale, ma come un fenomeno collettivo che richiede una risposta coordinata a livello sanitario e sociale. Questo approccio integrato potrebbe includere programmi educativi per i caregiver, supporto psicologico per le famiglie e risorse per la gestione quotidiana dei pazienti. Solo così si potrà affrontare in modo efficace questa malattia, migliorando la qualità della vita per chi vive con l’Alzheimer e per chi si prende cura di loro.